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Le chiese di Bronte


Santuario dell'Annunziata
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Santuario Annunziata

Sulla campana si legge la data 1535, ma probabilmente la chiesa è stata edificata su un edificio sacro già esistente. La struttura è stata rifatta nel 1543, ma i lavori sono continuati negli anni successivi, quando sono stati aggiunti il campanile, la facciata rinascimentale, la cupola e il coro. La chiesa, ad una sola navata, ha otto altari e due cappelle poste una di fronte all'altra. Entrando, a destra, si trova l'altare dedicato alla Natività; segue quello dedicato a S. Martino di Tours, quindi la cappella di Cristo alla Colonna e l'altare di S. Ignazio di Loyola. L'altare maggiore, posto in fondo al coro, è dedicato alla Vergine Annunziata. Di fronte all'altare maggiore, posti ai lati dell'entrata sono da ammirare i dipinti raffiguranti S. Orsola (XVI sec.) e la Madonna degli Angeli (XVII sec.), con accanto i santi Francesco e Chiara e il paese di Bronte salvato dall'ira del vulcano. L'opera che più merita attenzione è il gruppo scultoreo, consegnato alla città nel 1543 e posto sull'altare maggiore, rappresentante la Vergine Annunziata e l'Angelo Gabriele. Il gruppo marmoreo, di scuola gaginesca, coglie l'attimo dell'annuncio appena dato con l'angelo chino verso la Vergine. Sui capitelli sono scolpite figure di re e profeti: Cristo alla colonna sul frontone lo Spirito Santo circondato dagli angeli e sotto di esso un mascherone con ai lati due delfini dal volto umano. La statua del Cristo, in cartapesta, pare sia stata costruita da un pastore del luogo che, compiuta l'opera, morì tre giorni dopo. Si dice che il pastore raccontò d'aver visto Gesù Cristo in sogno che si era complimentato con lui per la buona riuscita del lavoro e che per questo gli aveva assicurato il regno dei cieli. A sinistra vi sono l'altare della Madonna delle Grazie, il cui dipinto risale al XVII sec., quello di Gesù e Maria e, a seguire, la cappella di San Giuseppe e l'altare di S. Michele Arcangelo. Annessa alla chiesa dell'Annunziata Vergine Annunziatavi è una piccola cappella, realizzata per devozione da Cesare Cannata nell'Ottocento. La bella statua del Cristo, proveniente forse dalla Chiesa di S. Cristo sopra San Vito, sepolta dalla lava, si trova nell'omonima cappella. E' di cartapesta, anche se la leggenda tramanda che sia in legno, opera di un pastore brontese al quale in sogno apparve il Cristo. Mostra il Salvatore in grandezza naturale con le mani legate dietro la schiena, cadente sotto i colpi dei suoi carnefic. Il volto pieno di viva sofferenza ed il corpo piegato e sanguinante evocano con grande realismo il dramma della passione nella tradizionale processione del Venerdì Santo.  Le bellissime statue di Antonio Gagini, rappresentanti la Vergine Annunziata e l'Angelo Gabriele, sono il migliore ornamento della chiesa. Le due figure compongono un insieme animato da viva tensione spirituale. I corpi alti e di squisite proporzioni vibrano dentro le vesti che lasciano trasparire, nel fluente panneggiamento, l'essenzialità dei movimenti. Il viso di giovinetta sedicenne della Vergine esprime riverenza e turbamento. Gabriele leggermente genuflesso guarda l'"Eletta" con occhi pieni di ammirazione. L'opera è di grande pregio e si inserisce il quel filone artistico rinascimentale che nella scuola gaginiana si fuse con le forme nuove del manierismo toscano e romano


Chiesa di San Giovanni Evangelista
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Chiesa di San Giovanni

La fede generosa del signor Filippo Sottosanti innalzò vicino alla Chiesa del Rosario, quasi nel centro del paese, la chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista, e a Santa Rosalia, come è ricordato nell'architrave della grande finestra, che è sulla porta, ove si legge: Ad honorem, Divi. Joannis, Ev., et D. Rosaliae - Ph.s. Sottosanti, 1659.Chiesa di San Giovanni Essa già esisteva fin dal 1574, come si deduce dalla visita del Torres. Le due date 1580 e 1799, scolpite sul frontone dell'architrave, indicano la prima, forse l'epoca di un primo rifacimento, la seconda quella del secondo rifacimento per opera dell'Abate D. Francesco Sanfilippo, il cui nome è scolpito sull'architrave della porta. Il campanile di lastroni di lava, fu innalzato nel 1614. La cantoria fu finita nel 1776 dal cappellano S.T.D.D. Vincenzo Mauro Il campanile, di grossi conci squadrati di pietra lavica, fu edificato nel 1614. All'interno sono sviluppati i temi caratteristici del gusto barocco. La chiesa è adorna di sette altari: a destra, entrando, è il Transito di San Giuseppe, la cappella di Santa Rosalia, il Crocifisso; a sinistra, Santa Maria degli Agonizzanti, la Misericordia, Sant'Antonio Abate; l'Altare Maggiore è dedicato alla Madonna del Lume. Di bellissimo stile è la Cappella di Santa Rosalia, unico esemplare a Bronte di ricca ornamentazione, si inserisce in quel filone barocco del XVII secolo molto diffuso nella Sicilia Orientale. Quì l'artista ha però superato i limiti espressivi della decorazione, facendola diventare una pura forma architettonica. In contrasto con l'esiguo spazio della cappella gli stucchi, dimensionati per un ambiente più ampio, formano un complesso esuberante di fregi ed affreschi ricordanti vari episodi della vita della Santa.


Chiesa di Santa Caterina
Chiesa di Santa Caterina

Fu fondata nel 1610 nella parte bassa estrema del paese, al margine della campagna. Ha una architettura semplice e compatta, materialmente legata ai sistemi costruttivi che pochi cambiamenti avevano avuto nei secoli precedenti. L'articolazione dei tetti riflette all'esterno la disposizione spaziale determinata dalla pianta a croce latina. Si tratta di un organismo architettonico semplice filtrato attraverso il composito ambiente culturale siciliano che portava ancora vivi i caratteri delle culture precedenti. Apprezzabile è la scala ridotta della costruzione e lo schema planimetrico sul quale si innesta, unico volume emergente, il prisma conico della copertura. I beneficiali arciprete Saverio Raimondo, D. Francesco Sanfilippo e D. Placido Dinaro curarono far dipingere la effigie del Benefattore che trovasi appesa in alto, dirimpetto l'altare maggiore. Nel terremoto del 1818 la chiesa patì qualche danno e ne fu fatto ricordo in alto sulla facciata con queste parole: "Melior denuo surgo"


Chiesa SS. Trinità poi definita "Madre"
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Chiesa Madre

La chiesa della SS. Trinità è una tra le più antiche e più importanti chiese costruite a Bronte. Fu edificata con il nome di Chiesa della SS. Trinità nella prima metà del cinquecento (dal 1505 al 1579) con la fusione di due chiese antiche: quella di Santa Maria (la più grande e la più antica, probabilmente di origine normanna) e quella della SS. Trinità. Era a tre savate come è adesso, sostenute da dodici colonne di pietra arenaria, giallognola con capitelli corinzii e foglie d'acanto. La forma dell'arco è scomparsa, ma è probabile che sia stata l'ogivale, secondo l'architettura del tempo e dei segni delle finestrine della porta a nord. Il tetto era a travatura, come in tutte le altre chiese, e come è al presente alla chiesa dell'Annunziata e della Catena; solo nel secolo XVIII furono costruite le volte. La chiesa ha quattro cappelle laterali e due in fondo, a destra e a sinistra del coro. Tre porte danno adito alla chiesa. Quella di San Paolo, a nord, chiamata forse così da qualche cappella dedicata all'apostolo delle genti; la porta a mezzogiorno, aperta probabilmente quando si ingrandì la chiesa, con architrave e colonne di pietra verdognola da Canalaci, già tutta sfaldata dal tempo, in cui si leggono appena queste parole dell'Ecclesiastico: Beatus homo, qui vigilat ad fores meas quotidie et observate ad postes ostii mei, e la porta maggiore fatta a spese del notabile Nicola Spedalieri nel 1799, del quale si ammira il bellissimo mausoleo accanto alla sacrestia. Le colonne e l'architrave hanno la data del 1575. Altare PurgatorioL'altare del Purgatorio (Sec. XVIII) E' un capolavoro di tecnica della comunicazione. Il messaggio è chiaro: la vanità di tutte le cose, ricordata ai colti attraverso i versi di Orazio, scolpito nello scudo in alto. Ma per comunicare questa verità ai brontesi illitterati del Seicento, l'autore inventa una scena veramente spettacolare e terrificante: tra le quattro colonne a spirale, sulle quali è una cimasa di ricco fogliame, in apposite nicchie, sono scolpiti eloquenti scheletri, che rappresentano tutta la gerarchia politica ed ecclesiastica, dal Re all'Imperatore, dal Vescovo al Papa; ciò per ricordare agli uomini la fugacità della vita e la vanità delle cose terrene. La cappella a destra di chi entra è dedicata a San Biagio, patrono della città; nella base dell'altare coperta dalla predella leggesi: Sumptbus civitatis, 1770 et 88. Nella mensola del muro esterno, corrispondente alla nicchia del santo, è scolpito l'anno 1649; ma forse quella pietra con quella data è stata messa lì per caso. Prima la cappella era dedicata alla Madonna dell'Idria. La statua del Santo non è certo un capolavoro, ma non è una brutta cosa; è bello invece il quadro del S. Patrono, che trovasi alla parete in cornu Evangeli. La cappella è stata decorata con eleganza e cura del procuratore Sac. Giuseppe Ardizzone Venia. Segue la cappella dell'Addolorata, forse un tempo dedicata a S.Maria della Minerva, patronato della famiglia Stancanelli, le cui rendite vennero meno per l'eruzione del 1651. L'altare di S.Maria della Minerva esisteva già nel 1684.


Chiesa del Rosario
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Chiesa del Rosario

Questa chiesa nei riveli del 1580 e nei registri matrimoniali del 1590 è chiamata S. Maria dell'Abstinentia o Restinentia. Questo titolo fu conservato fino al 1807, giusta l'iscrizione della campana piccola S.T.D.D. Joseph Uccellatore cappellanus S. Mariae Abstinentiae Brontis, 1807. Fu detta anche nel 600 chiesa della Concezione di Maria, per l'altare maggiore dedicato sino alla fine del secolo XIX all'Immacolata; ora è chiamata chiesa del SS. Rosario. Di essa è pure cenno nella visita di Mons. Torres nel 1574, e a quel tempo era officiata dai frati di S. Domenico. Le due date 1608 e 1621 scolpite sotto la cornice del frontone della porta maggiore, accennano a un primo rifacimento e compimento della stessa, per la quale il Comune diede una contribuzione di onze dieci di elemosina, per tre anni sulla gabella della carne. Essendo la chiesa nel centro del paese si pensò farne una filiale della Parrocchia, e i giurati nel 22 ottobre 1635 supplicarono il vicerè "che essendo cresciuta la popolazione, e la Madre Chiesa non può supplire all'amministrazione dei sacramenti, è stato risoluto, alcuni anni or sono, di fare parrocchia una chiesetta, che è nel mezzo della terra fondata sotto il titolo della SS. Concezione della Beata Vergine; con le elemosine, che hanno dato i particolari e la Università, si è dato principio, ma restano le cose imperfette per essere mancata l'elemosina dei particolari e perciò vorriano li esponenti aiutare detta opera con date onze duecento sopra le condanne (multe) fatte dal delegato Bellina". Il prospetto principale, semplice ed equilibrata composizione di stile seicentesco con richiami rinascimentali, è scandito da due grandi cornici orizzontali sorrette da coppie sovrapposte di lesene. Sulla facciata risalta il disegno equilibrato del portale ad altorilievo in pietra lavica, la finestra d’ispirazione manieristica e la scalinata prismatica centrale in pietra lavica. Ben proporzionato il timpano triangolare (con prismi ornamentali e orologio circolare) che chiude in alto il doppio ordine di lesene. Sul retro spicca la calotta costolonata della cupola con lanterne impostata su un alto tamburo finestrato ed un piccolo campanile (il suono squillante delle sue piccole campane caratterizza da secoli la chiesa). L’interno, restaurato agli inizi del XIX secolo ha semplicità di disegno: è a navata unica rettangolare e risalta per la lussureggiante decorazione barocca. Due profonde cappelle in corrispondenza del transetto aumentano la vista prospettica della cupola. La preziosità geometrica dei disegni, la raffinatezza degli ori, il cesello degli stucchi danno una singolare vivacità sia alle pareti che alle volte da farle apparire damascate. Sulla sinistra, estranee al contesto, risaltano le forme gotiche del pulpito ligneo sormontato dal baldacchino a pinnacoli fioriti ed il coretto dell'organo costruito nel 1901 da V. Cuscona da Taormina. La decorazione della navata e del transetto è stata completata agli inizi del 1950 da alcuni maestri decoratori di Belpasso. Di notevole fattura i quadri dell'Assunzione, di Maria SS. del Rosario e di S. Vincenzo. Il grande portone di ingresso alla chiesa è opera del brontese Domenico Girbino. Attaccato alla parte sinistra della chiesa, nella via Giovanni Piccino, trovasi il Collegio Maria edificato nel 1780 per iniziativa di "donna" Maria Scafiti.


Chiesa di San Silvestro
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Chiesa di San Silvestro

La chiesa di San Silvestro è della stessa età delle altre sorte a Bronte dopo la riunione dei Casali per ordine di Carlo V (1535 - 1548), ma non si conosce la data precisa di costruzione. Prospetta su Piazza Spedalieri, la zona delle feste e di tutte le manifestazioni pubbliche brontesi, e la caratterizza con la sua originale struttura. Certo è che la chiesa esisteva nella seconda metà del secolo XVI in quanto menzionata nei riveli del 1573, nella visita pastorale che il vescovo di Monreale Mons. Torres fece a Bronte nel 1574 ("…visitavit cappellam S. Silvestri…") e nei registri matrimoniali del 1591. Il monastero di Santa Scolastica, fu eretto sulla sinistra della chiesa nel 1610 per opera del Comune e dei cittadini brontesi e fu floridissimo (nel 1714 ospitava quarantacinque monache, ed era uno degli enti ecclesiastici più ricchi di Bronte). Una tradizione, viva ancora nei nostri anziani, ricorda come presso il Monastero fosse la cosiddetta "Ruota dei projetti", istituita dall'Ospedale di Palermo nel lontano 1755. La Ruota, il meccanismo girevole con il quale le monache mantenevano i contatti con l'esterno, serviva a lasciare nel corso della notte i piccoli "rejetti" o "projetti", figli abbandonati appunto dalle madri, un fenomeno abbastanza diffuso anche a Bronte nei secoli passati. Un abbandono molto spesso fittizio: ricevute le prime attenzioni dalle monache, battezzati, i piccoli (incogniti o nati da parenti incogniti) venivano poi dati in consegna agli organi amministrativi che li affidavano alle nutrici (le stesse madri) con una paga mensile che corrispondeva l'Ospedale. Il Monastero di clausura femminile fu parzialmente distrutto dal terremoto del 1818 che fece crollare l’ala a mezzogiorno, poi soppresso in seguito alle leggi del 1866 che sancirono l'alienazione dei beni ecclesiastici (insieme ad esso fu soppresso anche il Monastero Basiliano annesso alla chiesa di San Blandano) ed infine totalmente demolito nella prima metà dello scorso secolo. La demolizione modificò completamente il prospetto principale della chiesa: fu aperto un ingresso secondario accanto all’ingresso principale e fu variato anche l’ordine delle finestre nella parte alta. Tali modifiche ribaltarono il rapporto ambientale fra la chiesa ed il contesto urbano anche se l’edificio, sul cui lato destro recentemente è stato addossato il monumento ai caduti, rimase comunque il principale elemento architettonico caratterizzante la piazza. Risaltano e caratterizzano l’esterno della chiesa un grosso contrafforte in muratura che presidia il lato destro e, sulla via Garibaldi, una lanterna cilindrica ad aperture cieche, posta sopra la copertura della cappella di S. Benedetto. La forma e la funzione richiamano alla mente elementi analoghi della architettura bizantina. Semplice il portale in pietra lavica con stipiti e cornicioni di gusto rinascimentale. L’originario aspetto interno della chiesa subì grosse ristrutturazioni nel 1828: scomparvero le festose decorazioni in oro zecchino e il tetto a travatura che fu sostituito, quasi per intero, con l’attuale copertura voltata (ne rimane qualche traccia nella cantoria). La chiesa è a forma rettangolare con abside; al suo interno risaltano le decorazioni a losanghe dorate del soffitto della navata e dell’abside ed il motivo alternato di archi e lesene appena in rilievo che scandiscono la partitura delle piatte pareti laterali. Ha sette altari, una cantoria (nella quale si può ancora ammirare ciò che resta dell’originario soffitto ligneo) e un antico organo non più funzionante. L’altare centrale, a sinistra, racchiude fra due colonne tortili un dipinto di G. Tommasio del 1664 e rappresenta San Benedetto circondato da altri santi (San Placido e Santa Geltrude alla sua sinistra e Santa Scolastica e San Mauro a destra; in basso a sinistra è ritratta la prima superiora del monastero).


Convento San Vito
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Convento San Vito

La Chiesa e l’omonimo convento sorgono nella parte più alta del paese. La tipologia è quella tipica della chiesa ad aula a navata unica. Sicuramente la chiesa è di umili origini, inizialmente costruita dove sono ora la sacrestia ed il corridoio del refettorio e forse fu costruita con argilla. Il terreno fu concesso quindi ai frati Minori osservanti dell'Ordine di San Francesco per fabbricarvi accanto il convento sicuramente dopo il 1574. La prima notizia certa che si ha è del 1592, nella quale il vicerè conte di Olivares ordina "... che per la fabbrica di detto convento fosse concessa per tre anni la gabella della carne, che importa onze 25 all'anno". Da quella data la chiesa ha subito numerosi restauri e rifacimenti: - fu ristrutturata nel 1643 (dai maestri Matteo e Michele di Palermo, essendo guardiano P. Antonio da Bronte, com’è scritto sull’architrave della porta maggiore); - l’interno fu restaurato e decorato nel 1879 (per cura di Nunzio Capizzi Monachello); - l’abside venne rifatta a nuovo con ricche dorature e fregi nel 1880 (dall’arc. Giuseppe Ardizzone); - la balaustra dell’altare maggiore fu eretta nel 1894 (a cura del frate Francesco di Bronte). L’interno ha una configurazione volumetrica unitaria anche se è certo che è risultato di interventi succedutesi in epoche diverse. E' ad unica navata, con abside e cantoria, ha ricche dorature e fregi che raggiungono il massimo della decorazione nella parte emisferica dell’abside. La chiesa ha sette altari: a destra Sant’Antonino, San Vito e San Pasquale; a sinistra San Giuseppe, San Francesco ed il Crocifisso, un tempo altare di Maria SS. della Purità. L’altare maggiore, adorno di marmi policromi, è consacrato alla Vergine Immacolata (preziosa la statua in legno). Su di esso sono impostate quattro colonne con capitello corinzio che sorreggono l’aggetto della cornice su cui è impostata la volta della cupola. Accanto al convento, un tempo, esisteva un piccolo camposanto dove erano seppelliti i poveri (l'attuale via Campo dei Fiori).


Chiesa Madonna delle Grazie
Chiesa Madonna delle Grazie

La chiesa della Madonna delle Grazie esiste sin dal secolo XVI, come appare dalla visita del Mons. Torres del 1574. E' lungi un 300 metri dalla città, nello stradale che conduce ad Adernò. Nel 1804 fu dotata da D. Giuseppe Luca, regio segreto, cognato al filosofo Spedalieri Nicola; poi passò sotto il patronato della famiglia Lombardo, erede del Luca. Nei riveli del 1748 aveva un attivo di onze 95,19,5 annue. Ha tre altari, ai SS. Cosimo e Damiano, e S. Domenica e alla Madonna delle Grazie. Nel giorno della festa titolare il clero fa echeggiare di canti e di preci la solitaria chiesetta.. La piccola chiesa è meta di continui pellegrinaggi da parte degli abitanti di Bronte durante il periodo che va dal 12 al 24 novembre, in onore della Madonna.


Chiesa Sant'Antonio da Padova
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Chiesa Sant'Antonio da Padova

La chiesa di Sant'Antonio da Padova sorge a poca distanza dalla stazione ferroviaria. Dovette essere edificata nella prima metà del secolo XVII, poichè di essa non è menzione nella visita sacra del Torres del 1574, nè nei riveli del 1584, 1593, 1607, e neanche nei registri della chiesa Madre. La tremenda eruzione del 1651-1654, che tanti danni recò al paese, seppellendo chiese, case e poderi, investì la chiesetta da tre lati: nord, est, sud; la lava salì fin sul tetto, aderendo strettamente alle mura est e sud e scorrendo anche dentro i buchi della fabbrica, e come per riverenza o timore, venuta meno la foga, si fermò dinanzi la porta che abbruciacchiò. La chiesetta aveva cinque altari: a destra, vi erano gli altari di S. Giovanni di Dio e di Santa Domenica; a sinistra, S. Luigi e S. Gaetano Tiene. Nella sacrestia è un bel quadro di S. Antonino, nel quale sono dipinti vari episodi della vita del santo. Nel trono dell’altare maggiore eravi una piccola immagine della Vergine Maria, che ora si conserva nella sacrestia: appartiene a scuola bizantina, ed è il più bel viso di Madonna, che sia in Bronte.


Chiesa della Madonna del Riparo
Chiesa della Madonan del Riparo

Per Bronte il titolo di Chiesa della "Madonna del Riparo" è legato ad un avvenimento doloroso e ricorda (o, meglio, ricordava, perchè l'antica chiesetta è stata demolita!) la protezione dell’Annunziata, patrona di Bronte, verso la Città contro la furia distruttrice dell’Etna. Con tale titolo è stata sempre invocata dai nostri avi e all'Annunziata sono sempre accorsi gli abitanti di tutti i quartieri in ogni loro neessità e nei momenti cruciali della loro tormentata storia. Nel febbraio del 1651 ebbe inizio nel versante etneo di Bronte una spaventosa eruzione che restò attiva per tre anni. Devastò in lungo ed in largo gran parte del paese e del territorio ed arrivò fino al Simeto. Nel 1654 l'eruzione riprese con nuovo vigore ed un braccio di lava investì la parte alta del paese distruggendo molte case, lambì la chiesa di Sant’Antonio, entrò nell'orto dei Cappuccini, costruito 25 anni prima, seppellì la chiesa del Purgatorio con le abitazioni circostanti e bruciò la chiesetta di San Nicolò, poi ricostruita. Madonan del RiparoII popolo di Bronte si riversò in preghiera, giorno e notte, nella chiesa dell'Annunziata per implorare aiuto dalla Vergine e fu portato il suo simulacro marmoreo di fronte alla lava. Ed ecco la lava deviò il suo corso verso tramontana e formò un cordone lavico come un muraglione, come si nota ancora, che parte a ridosso dell'ospedale e scende verso S. Nicola fino al Simeto. Il popolo brontese, per gratitudine verso la Madonna, costruì sotto quel muraglione una chiesetta che intitolò "Madonna del Riparo".  La vecchia chiesetta, di modeste dimensioni, circa 60 mq, un tempo solitaria e circondata da alberi e terreno lavico, con l'espandersi dei fabbricati urbani venne a trovarsi al centro di un quartiere che tendeva a crescere sempre più. Fu predisposto il progetto per il restauro e l’ampliamento della chiesa nello stesso luogo, ma l’Arciprete dell'epoca, p. Antonio Marcantonio, sconsigliò la ristrutturazione della vecchia chiesa nello stesso sito perché troppo vicina alle chiese dei Cappuccini e di S. Silvestro, poiché il quartiere tendeva ad allargarsi verso la zona di Salice. Il 9 luglio 1967, l'Arcivescovo di Catania, Mons. Bentivoglio, benediceva la posa della prima pietra e, essendo insufficienti i mezzi finanziari a disposizione, iniziava la costruzione della prima metà della chiesa. Il completamento della chiesa e dei servizi accessori del progetto fu portato a termine solo nel 1984. Dal punto di vista storico e testimoniale, oggi la nuova chiesa, dalla forma anonima e priva d'interesse, ha solo il pregio di trovarsi sullo stesso costone lavico formatosi con la devastante eruzione del 1654 in una posizione panoramica visibile da tutto il paese di Bronte.


Chiesa di San Sebastiano
Chiesa di San Sebastiano

E' posta nella via Matrice, prospiciente alla navata laterale della Chiesa della SS. Trinità. Ivi era un tempo la sepoltura dei "civili". La confraternita, istituita nel 1600, è stata approvata dal Regio Governo con atti del 25 Marzo 1973. Con le sue rendite e le questue, originariamente aveva lo scopo del mantenimento della Cappella del SS. Sacramento nella chiesa madre e di fornire le spese occorrenti per l'amministrazione del SS. Viatico dalle due chiese principali di Bronte (la Matrice e il Rosario) e per la solennità del Corpus Domini. Lo schema della piccola chiesa, unitario e semplice, è ad aula rettangolare con ingresso dal lato corto. Il prospetto (rifatto nel 1822) è un insieme d’elementi architettonici e decorativi sovrapposti di varie epoche. Una scalinata in pietra, perpendicolare alla facciata, dà sul portale in pietra lavica di stile tardo rinascimentale, opera della valente scuola degli scalpellini brontesi. Scala e portale occupano tutta la parte mediana della facciata che, sul coronamento, con un timpano aggettante rafforza l’immagine di un prospetto suddiviso in sezioni verticali, come se l’edificio avesse tre navate. Nello spartito inferiore quattro colonne con capitelli corinzi sorreggono un'alta trabeazione. Il tutto è rappresentato con la tecnica del graffito e a tempera.


Chiesa di Santa Maria della Catena
Chiesa di Santa Maria della Catena

La chiesa di Santa Maria della Catena venne fondata nel 1569 e restaurata e decorata nel 1891. E’ ubicata sul corso Umberto, in posizione molto sopraelevata, raccordata al piano stradale da una ampia scalinata in pietra lavica. Il frontone della chiesa con timpano curvilineo è di pietra lavica sostenuto da colonne corinzie. Sopra il portale tre semplici bifore interrompono lo spartito superiore coronato dal grande timpano triangolare. Sul lato destro emerge imponente la torre del campanile sormontata dalla cella campanaria.Il coronamento merlato del campanile è quello tipico di tutte le torri brontesi. L’interno ha tipologia ad aula unica con abside semicircolare e cantoria che incombe sulla zona d’ingresso della navata. Quest'ultima, rettangolare, è sormontata da una travatura di notevoli dimensioni con puntoni e tavolato e con un’orditura portante sorretta da mensole lignee scolpite a forme antropomorfe. L’abside ha volta a botte con testa di calotta sferica. La decorazione del soffitto ligneo è di Nicolò Dinaro (figlio del pittore brontese Giuseppe Dinaro) con vistosi motivi geometrici, floreali e grotteschi. Nella nicchia dell’altare maggiore, fra colonne doriche binate e soprastante timpano, è posta la statua di marmo della Madonna della Catena. Adornano la chiesa due quadri (San Filippo Neri e Santo Stefano) eseguiti nel 1876 dal brontese Agostino Attinà (copie da due originali più grandi).


Chiesa di Santa Maria del Soccorso
Chiesa di Santa Maria del Soccorso

La chiesa, di origine medievale, si trova nella zona più antica della città, tra la piazzetta Procida e via S. Pietro. Costruita intorno alla fine del XII sec., si pensa addirittura sia stata la prima chiesa edificata nel centro abitato. Tra il XIV e il XV sec. fu interamente affrescata. Nel 1575 fu ingrandita, mentre alla fine del XVII sec. furono ultimati gli stucchi. Il primo rifacimento risale al XV sec., come testimonia un ingresso laterale con portale in pietra arenaria e tre finestrelle ogivali a spiraglio. In origine la chiesa era di dimensioni più piccole. E’ stata ingrandita in epoca successiva con l'aggiunta del coro e dell'abside. Con la ristrutturazione avvenuta nel XVIII sec. conferisce all'edificio un aspetto architettonico più lineare. La tradizione vuole che proprio in questa chiesa, nell'attuale sacrestia, furono nascosti importanti ed antiche scritture del casale di Bronte quando, nel 1636, nel clima di sommossa contro gli ufficiali dì Randazzo, Bronte fu dichiarato colpevole di lesa maestà e per questo i loro abitanti puniti con una dura repressione. Tra il 1840 ed il 1880, la chiesa fu adeguata al gusto dell'epoca con la costruzione, sull'impianto origìnale, di un'altra chiesa. Nel 1950 fu ultimata la volta.Tra il 1977 ed ìl 1980 la chiesa fu restaurata interamente e venne ultimata la pavimentazione in marmo. Tra il 1990 ed il 1991 fu demolita la navata costruita nell'Ottocento. Duranti i lavori sono emersi diversi affreschi risalenti al XV sec. Gli affreschi sono oggi ben visibili e mostrano una buona tenuta dei toni cromatici. Nella chiesa è anche conservato un pregevole organo a canne del 1847. La campana rìsale al 1699. Un attento sguardo all'interno dell'edificio religioso permette di osservare la rilevante qualità artistica degli altari dedicati a S. Placido, a Maria Santissima del Soccorso, a S. Francesco di Paola e a Santa Lucia del Crocifisso. L'altare maggiore, il più antico tra tutti, è dedicato alla Vergine Maria. Il dipinto, di pregevole fattura, è di autore ignoto (forse un artista palermitano) e fu donato alla chiesa dal venerabile Ignazio Capizzi. Particolare attenzione merita una statua lignea, opera dello scultore Graziano Ceriti di San Fratello.


Chiesa di San Blandano
Chiesa di San Blandano

La chiesa di San Blandano prospetta di fronte alla casa natale dello storico brontese Benedetto Radice e sull’omonima via ha l’ingresso principale.La sua storia inizia nella metà del 1695 quando i padri basiliani dell’Abbazia di Maniace, a causa della malaria e del terremoto del 1693, furono costretti ad abbandonarlo ed a trasferirsi a Bronte.Nel 1698, l’arcivescovo di Monreale diede il permesso di trasferire a Bronte il monastero.Nel 1708 il trasferimento venne confermato, i monaci dettero inizio alla costruzione del monastero ed essi continuarono a chiamarsi di “Santa Maria di Maniace. Nel 1708 furono completati gli alloggi attorno alla chiesa e nel 1784 re Ferdinando decretò il trasferimento definitivo dell’Abbazia di Maniace all’ammiraglio Nelson.Nel 1824 la chiesa fu quasi rifatta, per un periodo di tempo risultò dedicata anche a San Basilio. Il monastero Basiliano scomparve alla fine del XVII secolo.Il vecchio stabile dei monaci fu demolito e trasformato per un breve periodo, l’unica testimonianza che era rimasta dell’antico insediamento dei padri Basiliani era il vecchio nome di una via adiacente (“Via Orto Basiliani”).L’interno della chiesa, a navata unica rettangolare, è segnato in alto da una grande cornice che partendo dalla cantoria si conclude sopra l’altare maggiore. Alle pareti quattro nicchie archivoltate appena accennate per i quattro altari minori.Sul primo altare a destra si trova il quadro raffigurante San Giovanni Damasceno, su quello di sinistra San Lorenzo da Frazzanò. Sul secondo altare a destra, dedicato alla Madonna Addolorata, sono effigiati in vari atteggiamenti i tre martiri: S. Costanzo col coltello conficcato nella testa, Sant’Innocenzo e S. Blandino, che hanno in mano la palma del martirio.L’altro altare è dedicato a S. Basilio Magno.Sopra l’altare maggiore dentro una decorazione di gusto Barocco, un tempo era collocata l’icona bizantina della Madonna col Bambino.S. Blandano è la chiesa di Bronte più ricca di reliquie.


Convento Cappuccini - San Felice
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Convento Cappuccini

Quello di Bronte fu il trentaquattresimo convento dell'Ordine. La deliberazione per la costruzione, avvenuta per pubblico consiglio, e l'inizio dei lavori risalgono al 1629. Il convento fu completato pochi decenni dopo. La chiesa, dalle linee molto semplici, contiene sette altari dei quali il maggiore è dedicato alla Madonna degli Angeli. Sono degni di nota il quadro raffigurante la Vergine e quello della deposizione. Diversi affreschi adornano il corridoio laterale della chiesa. Uno di essi raffigura l'eruzione dell'Etna del 17 novembre 1843 e vi si legge, a malapena, che tale eruzione causò la morte di sessanta fedeli. La chiesa fu sede della confraternità del terzo Ordine di San Francesco, fondato nel 1863.


Chiesa San Giuseppe
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Chiesa San Giuseppe

Una delle ultime chiese costruite a Bronte. Sorge nella parte alta del paese ed all'interno ha dei bellissimi affreschi.